Mentre si rivedono e si
riascoltano servizi radiotelevisivi che associano l’omeopatia a pratiche
sciamaniche, non mi risulta che altrettanta attenzione critica venga dedicata
alle iatropatie. Eppure i
danni di terapie sintomatiche soppressive (dei sintomi) sulla salute di tutti
noi e sull’economia sono incalcolabili.
Il crescente ricorso alla medicina omeopatica allarma
sempre più i fondamentasti allopatici: essi, dando per scontato che ogni
sostanza somministrata a fini terapeutici dovrebbe agire per via chimica, riscontrando
che rimedi omeopatici non contengono neanche un
atomo, ritengono che un eventuale risultato terapeutico dopo
l’assunzione di tali rimedi sia attribuibile a
effetto placebo: ignorano che
alla ricerca omeopatica oggi
partecipano attivamente fisici nucleari?
Mentre nessun omeopata che si rispetti, nel
somministrare un rimedio omeopatico, ritiene o farà credere che esso contiene molecole o atomi, i detrattori
di questa medicina si mostrano legati a una concezione presocratica della
materia: paradossalmente curioso che tra
i più acerrimi sostenitori di questa tesi vi sia chi conduce un programma di
divulgazione scientifica sulla rete ammiraglia della RAI intitolato Superquark!
Che i rimedi omeopatici siano carichi energeticamente
mi consta personalmente, dal momento che ho avuto modo di constatare che, poste
le confezioni in contatto con sorgenti di radiazioni, dal cellulare agli
apparecchi radio, televisivi ecc,. si disattivano così come con le sostanze
balsamiche. Pertanto, durante una cura omeopatica, non si adoperano i comuni
dentifrici e per l’igiene
della bocca si
usano gli appositi dentifrici
oppure lo si fa, più economicamente, con bicarbonato di sodio.
Partito da posizioni analoghe a quella
dei summenzionati fondamentalisti della scienza (vera contradictio in
terminis!), poi venni indotto a prendere in seria considerazione tale metodica
in base alla ripetuta osservazione degli effetti patogenetici dei suoi rimedi.
> > >Forse queste loro
certezze verrebbero scosse se essi provassero a seguire - attendendosi alle
precauzioni previste per l’uso di rimedi
omeopatici - quel che il decano e
compianto prof. Antonio Negro, padre
della medicina omeopatica italiana, suggerì a uno dei più ostinati
“miscredenti” (che poi, accolto il suggerimento, divenne direttore di uno dei
più importanti istituti di Medicina Omeopatica), ossia di assumere una dose unica di Sulfur alla 200 CH, in assenza di
specifici “sintomi guida” per cui sarebbe stato indicato; oppure, come doverosamente fanno gli aspiranti omeopati,
sottoporsi al “proving omeopatico”.
> > > Ottenere effetti suggestivi è un’esperienza
non esclusiva dei medici. Ad essi si
appellano quanti contestano l’omeopatia
senza conoscere i cosiddetti effetti patogeni dei rimedi omeopatici e
sottovalutando l’efficacia in campo veterinario e in quello pediatrico. Effetti
patogenetici si possono osservare sia in chi si autocura impropriamente con i
rimedi omeopatici, senza avere il quadro clinico corrispondente oppure come
avviene negli aspiranti omeopati che si sottopongono all’assunzione di tali
rimedi a doppio cieco durante il suddetto proving.
Per avere un’idea delle distanze tra i criteri terapeutici
allopatici e quelli omeopatici, accenno
a una verifica, eufemisticamente ingenua, dell’efficacia dei rimedi omeopatici, che alcuni anni fa
venne attuata da parte di allopati: un gruppo di pazienti reumatici trattato
con antireumatici, un altro con un unico rimedio omeopatico! (non tenendo in
debito conto che, per ogni diversa forma clinica di reumatismo ciò che consente
all’omeopata la scelta di un rimedio è il “sintomo guida” che è diverso per
ogni quadro clinico rispondente alle
caratteristiche patogenetiche del rimedio che sarà scelto) e l’altro, di controllo, con placebo. Come
volevasi dimostrare… per gli allopati, risultò
che gli effetti dei rimedio omeopatico erano
simili a quelli del placebo.
> > > Per
rendere chiaro che lo scrivente non sia tanto sprovveduto da confondere
autentici effetti terapeutici con quelli placebo, di questi ne riporto alcuni
paradossali che mi sono occorsi durante la mia pratica di medico generico e che
mi sembrano più significativi.
.................................................
Praticavo la
professione al natio borgo, ai piedi
dell’Aspromonte allora sprovvisto di farmacia. Ero agli inizi e venni chiamato
a visitare un quasi novantenne convalescente di una polmonite e in stato di anasarca, ossia di
edema diffuso a tutto il corpo per insufficienza cardiaca. L’abitazione era una
baracca di quelle che erano rimaste dopo il terremoto del 1908. Ovviamente, gli
spifferi non aiutavano la guarigione e quella sera imperversava tempo di
profondo inverno.
> > > Anche perché era un tipo litigioso,
nessuno sarebbe stato disposto a fare a piedi, per lui, i due km per spedire
una ricetta in farmacia. Non avevo altra
scelta che trovare qualcosa nei miei pochi campioni. Nell’uscire da quella
baracca, lui con un fil di voce mi pregò di cercare pure qualcosa per la moglie
che si vergognava di dirmi che da diversi giorni non andava di corpo. Trovai
alcune supposte di un prodotto di
sparteina e teofillina e altre di glicerina. Ne presi due dell’uno e dell’altro
prodotto e consegnai le due di sparteina e teofillina a lui e le altre due alla
moglie.
> > > La mattina dopo, con una certa
circospezione, mi avvicinai alla baracca e cercai attraverso la parte superiore
della porta divisa orizzontalmente in due, di constatare il decesso. Invece
trovai lui sollevato con diversi cuscini e con un netto miglioramento
dell’edema e lei che sfaccendava molto più arzilla della sera precedente.
Vicino al letto un capiente orinale pieno e mi dissero che ne avevano gettati
altri due, pieni anch’essi.
> > > Mentre cercavo di dissimulare la mia
sorpresa, con un certo compiacimento pensavo all’inatteso straordinario effetto
della sparteina e teofillina, osservai delle cose biancastre appiccicate sul
pavimento. Alla mia domanda, lui mi spiegò che le supposte che avevo dato a
lui, erano mollicce, perciò aveva
adoperato una di quelle che avevo dato per la moglie, cioè di glicerina. Non mi
rimase che sforzarmi a dargli ulteriori consigli a lui e a lei e di guadagnare al più presto l’uscita,
trasecolato.
> > > Prestavo allora servizio trisettimanale
presso un ambulatorio di un’opera di beneficenza. Era quasi vigilia di
ferragosto e mi stavo affrettando ad andar via anche perché l’ostetrica mi
aveva avvisato di tenermi disponibile per un probabile mio intervento a un
parto.
> > > Giunse una donna di mezz’età, alquanto emaciata, in gramaglie. Con voce
supplichevole mi chiese di darle qualcosa per dormire perché non dormiva da
quando era rimasta vedova, cioè da oltre dieci anni. Poi, sommessamente, mi
confidò che era molto stitica. Caso volle che stavo riponendo nell’armadio un
prodotto lassativo granulare.
> > > Data l’ora, quasi le 14 e la fretta per la prevista urgente visita
ostetrica, le detti una buona dose del lassativo dicendole, altrettanto
sommessamente, che l’effetto lassativo l’avrebbe aiutata anche a dormire,
assicurando che le avrei dedicato più tempo la prossima volta.
> > > Lei per lassativo aveva inteso rilassante.
Dopo qualche giorno tornò benedicendo me, la terra che mi reggeva e i miei che
mi avevano messo al mondo, perché dopo tanti anni di insonnia, finalmente aveva
preso sonno e dormito abbastanza bene. Ma la mia sorpresa divenne alquanto più
difficile da dissimulare quando, per l’anima dei miei morti, mi supplicò di
darle qualcosa per andare di corpo.
> > > Forte di esperienze come queste, rimasi
per anni ancorato alle conoscenze e alla pratica allopatica ignorando
l’omeopatia e, quando venivo a conoscenza di persone che si curavano con rimedi
omeopatici, tutt’al più le commiseravo. Pur
avendo avuto più volte l’opportunità di verificare i costanti risultati
terapeutici ed ero giunto sul punto di
pensare che ignorandoli, era come attribuire anche alla digitale effetti
esclusivamente placebo, poi ero rimasto ancorato alla concezione “scientifica ufficiale” della
medicina allopatica,
Ciò che più mi indusse a prendere in considerazione
l’omeopatia e ad approfondirne la conoscenza, frequentando un corso per tre
anni alla scuola del compianto prof. Antonio Negro, più dei risultati
terapeutici in veterinaria e in pediatria, sono stati i già citati effetti
patogenetici,.
> > > Rinunciai alla pratica clinica
dell’omeopatia perché mi ero reso conto che si trattava di dedicarsi
completamente ad essa e ame non rimaneva una tale disponibilità di tempo:
intanto l’anamnesi deve essere molto più accurata e puntuale rispetto a quella
usata dagli allopati e la disponibilità nei confronti dei pazienti deve essere continua, costante, a tempo pieno, si deve
tener conto oltre che di fattori costituzionali, caratteriali, delle abitudini,
delle preferenze o delle avversioni alimentari, anche di molti altri
fattori facenti parte dell’ambiente
fisico-naturale (macro e micro clima
ecc.).
> > > In effetti, chi si dedica all’omeopatia, è
perché ha avuto l’opportunità di verificarne i vantaggi rispetto alle cure
allopatiche che, spesso, per risolvere un problema, ne procurano, con la
repressione dei sintomi, i cosiddetti effetti secondari iatrogeni, altri e pure
molto più gravi. La guarigione con cure omeopatiche condotte come si deve è
invece, completa, definitiva e priva di effetti secondari indesiderati: “l’aggravamento”
che si può avere dopo la
somministrazione di un rimedio omeopatico consiste in una salutare momentanea
reazione dell’organismo come riattivazione del fisiologico processo di
guarigione.
N. B. La voce iatropatie, che
non si trovava su internet fino a pochi giorni fa, ancora viene segnata in
rosso.
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